sabato 9 febbraio 2008

For no one.

"Io sono un riflesso.
Come la luna che si specchia nell'acqua: quando tu guardi me mentre cerco di essere un uomo buono, in realtà vedi te stesso."

Le parole che Scorsese mette in bocca al XIV Dalai Lama nel suo "Kundun".

Dalai Lama.
Attorniato da posceneri sporchi e cestelli pieni di ghiaccio mezzo sciolto, piangevo di rabbia in una torrida notte di metà agosto. E c'era quella persona molto speciale, che mentre mi abbracciava forte [quel misto di forza calore e dolcezza che solo le donne sanno dare], mi diceva così: "Ehi, Dalai Lama, perchè piangi? Non puoi, TU non puoi piangere!" Con quell'accento straniero che ricordava un po' il Dracula di Coppola, ma con due occhi come Nicole Kidman e la risata tenera, rassicurante, di un amico che ti conosce bene da tanto tanto tempo.
Ma tutta questa emozione, questa energia, può scaturire solo da una persona che ha vissuto con tutta se stessa, combattendo, senza mai fermarsi, vivendo invece che soppravvivendo.

E purtroppo l'effetto tunnel secondo il quale ogni particella, per quanto povera d'energia, prima o poi uscirà dal luogo dove orbita... purtroppo esiste solo nel mondo microscopico delle regole quantistiche.

Al contrario, nella nostra realtà esiste un principio che noi Osteopati-conciaossa chiamiamo "rapporto struttura-funzione": il principio secondo il quale, se per tanto tempo il tuo corpo si comporta in un determinato modo, la sua struttura originale si modificherà di conseguenza, deformandosi irreversibilmente, serva di quella funzione a cui è stata costretta.
E anche gli psicologi la pensano in modo simile, riguardo a come funziona il nostro cervello.
E diciamo che non bisogna essere dottori, per capire che più a lungo ti comporti in un modo, più difficile sarà tornare indietro.

E il problema, come dice Stephen Fry in V per Vendetta, è che quando porti una maschera per tanto tempo, ti dimentichi l'uomo che ci sta sotto.

Sono le tre di notte, e mi tolgo di dosso l'ultimo costume, l'ultima delle maschere.
Non nascondo un poco di teatralità mentre ripongo una dopo l'altra le collane, il braccialetto, il rosario indiano, l'armonica.
E con non poca fatica, metto via anche quel senso di inadeguatezza che mi pesa sulle spalle come un mantello fradicio di pioggia.

Contraddizioni febbricitanti mi pulsano nella mente,
i miei piedi non sanno riconoscere la terra dove sono nato.
Aspettative smagnetizzate come satelliti alla deriva nello spazio
Rimpianti abbandonati come ancore arrugginite nel buio del mare:
Parole vuote come gusci si sgretolano, lasciando spazio al puro pensiero.

Niente lacrime questa volta, per nessuno.


venerdì 25 gennaio 2008

"E con gli occhi chiusi pensò a una canzone, e tra i denti
cominciò a cantarla, sicchè, senza ragione, una lacrima lo
trascorse e il cuscino se la bevve, la trattenne tra la stoffa e
la pelle che scottava, ma quanto spesso piangeva, al ritmo
disordinato delle palpebre brucianti, una canzone nella testa
e il corpo annodato in uno spasmo invisibile, le lacrime si
rincorrevano coinvolgendo le orecchie, quasi tutte le mattine
che si svegliava.
Egli amava. Amava una ragazza e l'uomo ch'era diventato
per lei, secondo lui.
Sorridendo, le dedicò tutto quel pianto, e tirò su la testa
a rimirar la pozza che gli sembrò grande abbastanza."

Andrea Pazienza

domenica 13 gennaio 2008

CLaudio Lolli, "La giacca"





Bisogna andare fino in fondo,

in fondo a tutto

in fondo a noi,

in fondo agli argini del mondo,

alla paura che mi fai.

Fino in fondo alle tue cosce,

ai miei timori

alle tue angosce.

Fino in fondo alla pianura

all'orizzonte della città

In fondo dove

non troveremo

nemmeno un'ombra

per riposarci

in fondo dove

sarà fatica

sarà sudore

esser sincero

in fondo dove

tutto è coperto

sotto lo stesso

mantello nero

[...]

Bisogna andare

sempre avanti

anche se noi non siamo in tanti

anzi davvero

siam solo in due

le mani mie, le mani tue

devono stare sempre vicine

devono avere gli stessi guanti

e non paura



sul confine

di fare l'ultimo passo in avanti.

[...]

Bisogna vincere la morte,

quella che non si fa vedere

che viene senza far rumore

che non si fa aprir le porte

che non fa mai vestir di nero

tutti i parenti all'ospedale

che non ha mai camere ardenti

nè cerimonie

nè funerali.

Quella nascosta nella tua noia

nella mia noia

nelle parole

che ci diciamo

senza capire

nemmeno quel che vogliamo dire,

quella che come un regista esperto

ci mette in scena

nel suo deserto.

[...]