martedì 18 dicembre 2007

Quante storie.


Mi ha preso un pensiero che non lo so
di quegli spiragli di chiarezza, improvvisa, abbagliante
dici: ecco. Come il padre di Zeno, indicando il cielo.
Visto, hai visto?
Rimane impressa, come la luce intensa sulla retina, per un po'
e perde di intensità, ogni istante che passa.
Domattina non mi ricorderò nulla, come un sogno leggero, rimarrà
solo il ricordo di quanto ci era paciuto, e subito la rabbia
di non riuscire a ricordarlo.

E c'entrava qualcosa col Nostro continuo andare a tentoni, cercare
e sentire le risposte a occhi chiusi, tastandole con le mani...
"Non so..." guardando in alto, provando un senso, togliendolo, mettendocene un altro
un "perchè", un "chissà"... sospirati.
Sappiamo già, quanto stupidi sembriamo, se ci potessimo gardare dall'alto
o all'indietro, dal futuro. "Che bambini, quante storie".
Tanto valeva prenderla come veniva, senza tanti arzigogoli.

Ma quante canzoni senza parole, che bellezza, nell'aria, in tutto quest'arrovellarsi.
Vogliamo essere Grandi, maturi, forti. Ma ci soffriamo, sotto, per poi riderci, sopra.
Perchè se tutto è un gioco, anche noi lo siamo: non siamo i giocatori, la nostra non è
la mano del destino che muove i pezzi. Siamo al massimo il dado, che rotola, intriso di speranza
e che vibra di esultanza o di bestemmia quando si ferma, quando si decide.

Era un pensiero che non lo so, forse il the nero con la sangria non andava tanto bene
ma mi ha ricordato che non basta guardarsi dentro per capire cosa c'è che non va.
Perchè non siamo nei film, non è un fumetto, che basta uno sguardo e hai capito com'è, quello li.
Il bianco e nero, ce lo possiamo scordare.
E per il più idiota e sfigato e piatto e inconsistente e vuoto non ti basterebbero
tre vite e tutte le parole degli universi a descriverlo, neanche un po', quindi tanto vale che rinunci.

Tanto vale che segui la partita come gira, che sorridi un poco, e che tieni chiuso quel cesso di bocca.

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